Le misteriose origini dei Tarocchi

Il gioco dei Tarocchi è uno dei più antichi, dei più diffusi nel mondo, e dei più "misteriosi".
Le sue origini sono dubbie; non se ne conosce nemmeno l'autore primo, se d'autore si può parlare.
Il loro mazzo è composto di settantotto carte, dette' 'lame", delle quali: ventidue sono gli Arcani Maggiori o Trionfi; cinquantasei gli Arcani Minori.
Si ritiene che abbiano avuto origine dalle Naibi, carte comprendenti alcune figurine didattiche, propedeutiche, per bambini, insieme ad altre contrassegnate dai numeri arabi, del XIV sec. Lo stesso nome' 'Tarocco" è di etimologia incerta: da principio era il nome dei soli Trionfi, poi è stato esteso a tutte le altre carte.
Le origini dei Tarocchi sono state discusse, nei secoli, da illustri studiosi, quale Court de Gébelin (XVIII sec.), e le teorie sono tante e spesso contraddittorie: c'è chi sostiene siano un 'invenzione degli alchimisti, chi di Toth, o Ermete Trismegisto, chi dagli Zingari, chi dai Cabalisti. Si è in dubbio anche sulla loro provenienza: potrebbero venire dal l 'India, o dall 'Egitto, o dalla Cina, o da altri luoghi dalle civiltà superbe. Una cosa è certa: l'ico.,ografia prettamente medioevale, dai simboli cristiani, degli Arcani Maggiori.

Una storia vecchia come il mondo

L'origine dei tarocchi, praticamente ignota, si perde oltre i confini del mito. A partire dal periodo preromantico e romantico, con il trionfo della filologia e della archeo.()gia, la supposta "invenzione" dei taroc~hi cominciò, infatti, a scivolare sempre . iù indietro, verso un'antichissima origine iniziatica, ovvero accessibile soltanto a pochi e solo dopo il superamento di durissime prove.
C era chi, come il filologo Court De Gebelin, li reputava frutto della civiltà egizia e zhi, come l'abate esoterista Eliphas Levi, li attribuiva agli antichi ebrei oppure chi li faceva risalire all'India, dove già milleduecento anni prima di Cristo furoreggiava un mazzo di carte rotonde, relative alle dieci reincarnazioni del dio Visnu. Cera poi chi li considerava eredità di antihi oracoli, chi parto della fantasia gitana, hi l'ultimo dono di una civiltà misteriosa e perduta: la mitica Atlantide a cui fa cenno anche Platone in uno dei sU(lJi celebri dialoghi. Ma qualunque sia stata la civiltà che li ha ideati, quello che veramente conta nei tarocchi è l'evidente significato religiososimbolico che ne sottende ogni lama fino a costituire un intero ciclo, una sorta di poema iniziatico che si snoda attraverso un lungo processo di purificazione e di evoluzione interiore. In effetti, nel simbolismo più profondo del mazzo non è difficile ravvisare i pilastri dell'esoterismo occidentale, le leggi magiche degli antichi saperi sintetizzate nella famosa tavola smeraldina attribuita a Ermete Trismegisto: "come in cielo così in terra, come in alto così in basso; una parte rappresenta il tutto; tutto possiede due poli, uno maschile e l'altro femminile; gli estremi si toccano ecc". Esistono due approcci diversi al sapere esoterico, due vie iniziatiche diverse, una "secca", ovvero intellettuale, razionale, attiva, di stampo per così dire occidentale, e l'altra "umida", interiorizzata, ricettiva, intuitiva, orientale.

Nei tarocchi questi due modi complementari di vivere il rapporto con l'universo formano una via unica, sintetizzata dai due arcani che aprono e chiudono la serie dei ventidue maggiori. L'arcano n. 1, il Bagatto oppure Mago, rappresenta il giovane attivo, intraprendente, pronto a dominare il mondo con gli strumenti della magia. Il rosso, il colore dell'azione, predomina nei suoi abiti mentre il cappello, a forma di otto rovesciato, allude all'universo e all'eternità. L'arcano che chiude la serie è invece il Matto, simbolo della conoscenza passiva. È molto probabile che si tratti dello stesso giovane che apre la serie ma che, a differenza di questo, è pronto a disfarsi del proprio sapere, raccolto con noncuranza in un fagottello. Il Matto volge le spalle alla via razionale a favore di quella del cuore. Per questo si fa beffe dei valori che dominano la società, ha abbandonato il gruppo e ora prosegue completamente solo lungo il cammino dell'irrazionale, del mondo alla rovescia. Senza la via del cuore, sintetizzata dalla figura del Matto, la ricerca razionale, scientifica del Bagatto non condurrebbe a nulla, come del resto, senza l'iniziativa e l'intraprendenza di questo, il vagare irrazionale del Matto sarebbe soltanto perdita di tempo, follia.
Solo nella conciliazione degli opposti, nel matrimonio dell'azione e della razionalità con l'intuito e con la fede, può nascere la vera perfezione, la completezza dell'essere che l'asceta ricerca nelle sue faticosissime pratiche e l'alchimista nella segretezza del laboratorio.
Il valore iniziatico del mazzo sembra confermato anche dall'etimologia. Tar rog in arabo significherebbe letteralmente "via regale". Tuttavia, pareri ed etimi si sprecano attorno a questa serie di carte così pregnanti e suggestive: tarocco deriverebbe, secondo alcuni cultori, dal greco etairoi = compagni o dal latino terere = battere, dall'ebraico tarah = gettare le sorti o ancora dall'arabo tar = rivincita, per arrivare a tara, la voce rinascimentale impiegata per designare il sistema di stampa del retro delle carte, punteggiate d'oro, donde l'odierno nome dell'arancia tarocco. Ma, forse, ancor più suggestiva appare la proposta di Guillaume Poste l che ravvisa nel termine taro (tarocco) un anagramma di rota, con un'evidente allusione all'inarrestabile ruota del destino.

Nonostante l'esotica terminologia e la vantata arcaicità, però, i tarocchi fanno la loro comparsa in Europa relativamente tardi, soltanto a partire dal 1300-1400, epoca in cui iniziano a diffondersi come gioco d'azzardo. Fra le origini mitiche, simboliche, iniziatiche e la storia c'è dunque il vuoto. Inoltre, è piuttosto probabile che gli arcani maggiori e gli arcani minori abbiano origini e storia diverse.
I maggiori, infatti, sembrano collegarsi strettamente alla serie dei Naibi, un mazzo con intenti didattici riservato all'istruzione dei fanciulli, una sommaria sintesi del sapere medioevale che comprendeva le muse, i pianeti, le arti liberali, i vizi e le virtù, le condizioni della vita.
I minori sembrano derivare, invece, per quanto riguarda le carte numerali, dal domino e per quanto concerne le figure, dagli scacchi (re, regina, cavaliere e fante). Come abbiamo visto, la storia fa risalire le prime carte da gioco al 1200 a.c. e le colloca in Cina, dove era in voga un curiosissimo gioco chiamato "mille volte diecimila", e in India, dove ci si divertiva con le carte rotonde raffiguranti le dieci incarnazioni divine. Misterioso rimane il vuoto di più di due millenni fra queste e le nostre carte. Come e quando sono arrivate fino a noi? Chi le ha introdotte in Europa prima, nonostante le forti tasse e i divieti legali, sui tavoli da gioco, più tardi nei salotti e nei misteriosi antri dell'indovino? Si possono formulare due ipotesi, entrambe ugualmente accettabili.
Prima ipotesi: gli zingari, come prova la somiglianza della lingua gitana con il sanscrito, l'idioma degli antichi indiani. Intorno al XIV secolo d.C. una fortissima ondata migratoria di "fuori casta" cominciò a risalire la valle dell'lndo e, passando per il Medio Oriente, si divise in due tronconi. Il primo si diresse verso i Ba1cani; l'altro raggiunse l'Egitto (da cui il termine inglese gipsy = zingaro = egizio) dove entrò probabilmente in contatto con le tematiche esoteriche qui lungamente coltivate e ora perfettamente ricostruibili, come sostiene Court De Gebelin, attraverso l'impianto simbolico del nostro mazzo. Del resto, è noto che fra le professioni tipiche degli zingari (calderai, danzatori, alleva tori di cavalli) rientrano anche le mantiche, tanto che la lettura delle carte e della mano, nei secoli dell'Inquisizione prima e del razionalismo poi, rimase per lungo tempo esclusivamente loro prerogativa. Il simbolismo esoterico dei tarocchi sarebbe quindi derivato dall'Egitto attraverso la cartomanzia gitana. Seconda ipotesi: i Templari, Cavalieri del Sacro Sepolcro. Costoro, dislocati a presidio dei luoghi santi in difesa dei pellegrini, ebbero modo di venire a conoscenza degli antichi saperi degli ebrei, da sempre accurati decodificatori di lettere e numeri della Bibbia. L'ordine templare non visse a lungo tuttavia, come è noto, nei circa due secoli antecedenti la sua soppressione per ordine di Filippo il Bello, riuscì ad accumulare immense ricchezze. Che i Templari fossero esoteristi lo testimonia anche il complesso simbolismo delle cattedrali gotiche di cui furono idealmente i creatori; mentre che si occupassero attivamente di alchimia lo comprova la loro stessa regola che, in un passo, proibisce espressamente di fabbricare oro in presenza di estranei. Il simbolismo dei tarocchi, imbevuto di esoterismo, sarebbe così giunto in Europa da Israele attraverso i Templari, i quali non soltanto funsero da tramite, ma provvidero anche a codificare tali conoscenze e a tramandarcele nel criptico linguaggio affidato all'architettura e alla scultura gotica.

Ed ecco, soltanto per chi ama le date, qualche pietra miliare della storia dei tarocchi:
- 1377: il monaco Johannes attesta la presenza dei tarocchi in Svizzera;
- 1379: le cronache di Covelluzzo accennano alla diffusione del gioco a Viterbo;
- 1393: viene fondata la compagnia dei pittori di carte in Italia;
- 1432: Bonifacio Bembo dipinge i famosi tarocchi viscontei;
- 1582: in Francia, i tarocchi vengono tassati per limitarne l'uso.

Da segnalare, fra i tarocchi dell'epoca, i tre mazzi dipinti da Jacquemin Gringonneur per allietare e distrarre re Carlo VI di Francia dalle crisi depressive in cui era caduto, probabilmente i primi tarocchi in assoluto di cui siamo attualmente a conoscenza.
L'alto contenuto simbolico delle lame Maggiori permette loro un insieme di messaggi universali, cosmici, senza tempo. Alcune immagini sono chiaramente di origine biblica (Il Giudizio, o Angelo; La Torre, che ricorda quella di Babele; Il Diavolo; le creature angeliche de Gli Amanti e de Il Giudizio; i simboli dei quattro evangelisti de Il Mondo; le virtù teologali della Dottrina), altre di origine astrologica. Insomma, la. loro origine è laica, quanto ecclesiastica; pagana, quanto cristiana; colta, quanto popolare. Esse valgono per qualunque età, classe sociale, nazione.

Gli Arcani Minori sono simili alle odierne carte da gioco, alle quali manca solamente la carta del cavaliere, o cavallo. Il gioco dei Tarocchi ha regole assai simili a quelle delle popolari briscole, o del tressette: a turno, un giocatore dà una carta alla quale si dovrà "rispondere" con un'altra del medesimo seme, o con uno degli Arcani Maggiori. Prenderà punti chi avrà dato la carta del valore più alto. Ovviamente i Trionfi hanno un valore superiore; l'unico Arcano Maggiore che farà eccezione, superando in potere quello seguente de "TI Mondo", è, tradizionalmente, quello de "il Giudizio".
I semi degli Arcani Minori sono quattro: Bastoni, Coppe, Spade e Denari. Ciascun seme corrisponde ad uno degli elementi primordiali: i Bastoni al Fuoco; le Coppe all'Acqua; le Spade all'Aria; i Denari alla Terra. Allo stesso modo il Bastone corrisponderà alla figura paterna; la Coppa a quella materna; la Spada allo Spirito; il Denaro alla fisicità, al Corpo.
Dunque gli Arcani Minori si suddividono in quattro gruppi di carte dal valore numerico che va dall'uno al dieci, insieme ad uno Scudiero, un Cavaliere, una Regina ed un Re, per ciascun seme. A loro somigliano le carte da gioco moderne dai semi di Picche, Cuori, Fiori e Quadri.

Gli Arcani Maggiori, o Trionfi, sono ventidue: I = Il Bagatto; II = La Papessa; III = L'Imperatrice; IV = L'Imperatore; V = Il Papa; VI = Gli Amanti; VII = Il Carro; VIII = La Giustizia; IX = L'Eremita; X = La Ruota; XI = La Forza; XII = L'Appeso; XIII =Morte XIV = La Temperanza; XV = Il Diavolo; XVI = La Torre; XVII = Le Stelle; XVIII = La Luna; XIX = Il Sole; XX = Il Giudizio; XXI = Il Mondo; XXII = Il Matto.